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Testament of a Philosopher Minimalist (First Scriptwriting)
After all this walking, traveling, learning, exploring, making mistakes, struggling, I am now at the point that I am forced to stop. But looking at the past I can only notice that I am back at the beginning.
Life is a circle, a new circle is going to open, and the old one is going to close.
The one in which I have constantly struggled to affirm myself, accumulating, having more and more and more. Just seeing in front of me a new goal to be achieved, which would have made increase my ego.
And now I’ve realized that by struggling every day to assert my will, to affirm myself, it did not make sense.
Affirmation of richness, affirmation of materialism for affirming themselves.
But the term affirm themselves, is it not a fight against others? A fight for their own supremacy?
And more I have accumulated, more I wanted to have, until I started to wonder for who I was accumulating. For me? For my supremacy?
And why do I keep this sort of struggle in defense of my supremacy?
Who has ever taught this to me?
Are we born with this idea? Is it the human nature that makes us want more and more? Maybe is some brain genetic deformation?
But now I got to the point that everything I’ve accumulated, it does not belong to me.
We are born naked and we leave the world naked.
So, what is the unbridled pursuit having to earn? Perhaps it is our need to have a kind of security, protecting ourselves from the outside world. Or from the others?
And what is possession? Is it maybe the accumulation with the desire to own, touch, feeling with the fingers what is our?
But until when? Until death will tear to life, to possession, to what was ours?
And then? At the end everything we owned will go to someone else.
Perhaps the meaning of possession is to “leave” to someone something of ourselves.
And me? What can I give?
I’m slowly saying goodbye to everything that has been part of my past, of my life, of my existence until now. I’m seconding it. I’m letting go everything that chained me to my possessions by throwing everything away.
What really belongs to me is closed strongly in this hand, in this little key.
All that really I own is preserved in this single tiny chip.
Megabytes, data, memory.
In this little virtual memory are enclosed all my possessions.
A chain of thousands pulses composed of the number 1 and 0, which are simple interconnections between a YES and a NO.
But this YES and NO wrote the data, wrote the story, wrote this story, which has marked this life.
A life of NO, I do not want it, and a life of Yes, I want it.
Cricket Care
La scorsa settimana il Maestro è arrivato a casa mia con una piccola scattola trasparente. Al suo interno c’erano dei grilli che sarebbero diventati il pasto prelibato della sua tarantola.
Ha poggiato la scattola sul tavolo e abbiamo incominciato la classe di pittura.
Normalmente dipingiamo con un sottofondo musicale, per aumentare la concentrazione, e proprio mentre eravamo presi dal lavoro, d’improvviso sentiamo un leggero frinire.
Fantastico!!! Avevo in casa il rumore della primavera, della natura.
Ho chiesto subito al Maestro se potevo tenermi 3 grilli, e così, da una settimana, mi sto occupando dell’allevamento di queste curiose creature.
Avevo letto in un libro di Terzani, che in Cina hanno una passione per questi insetti. Alcuni conservano i grilli dentro delle gabbiette, altri mettono un grillo dentro un guscio di noce ben lavorato, che poi portano sempre con sé. Ora capisco il motivo: il suono che emettono questi animaletti trasmette allegria.
Nello stesso libro di Terzano avevo letto che i cinesi fanno addirittura delle scommesse sulle lotte fra grilli.
In pratica 2 grilli vengono situati l’uno di fronte all’altro e sono istigati alla lotta. Su internet ho trovato questo video, che non è molto piacevole da vedere, ma di sicuro rende l’idea: http://www.youtube.com/watch?v=x1dl8YhCP5s
Il mio intento non è sicuramente mettere i miei grilli l’uno contro l’altro.
La mia più grande preoccupazione del momento è trovare una graziosa gabbietta dove possano stare bene. Non credo sia così semplice trovarle qui in Europa, per cui dovrò forse ricorrere ai miei contatti cinesi per farmene spedire una dalla Cina.
Mi sto anche informando sull’alimentazione. Ho letto che se non hanno abbastanza da mangiare potrebbero sbranarsi a vicenda. Il solo pensiero mi mette ansia, per questo cerco di non fargli mancare nulla.
Una mia amica, al corrente di questo mio nuovo hobby, mi ha detto che anche Salvador Dalì aveva dei grilli e che li metteva nella sua stanza da letto quando andava a dormire.
Io non metto i grilli in camera mia, per il momento mi accontento di averli in soggiorno e sentirne il rumore.
Vacanza da Facebook
7 Febbraio 2011 ore 21.50
“You have deactivated your Facebook Account”
Inizia in questo modo la mia vacanza da Facebook, un semplice clic, e via da un mondo.
Si, proprio via da un mondo – un mondo virtuale – fatto di clic, impressions, likes, commenti, contatti virtuali, chat.
La decisione di staccare la spina, e di allontanarmi da questo mezzo di “comunicazione”, è stata la somma di una serie di avvenimenti, riflessioni ed analisi, che mi ha portato di colpo ad una scelta drastica, istintiva, ma voluta.
Avevo cercato altre volte di spegnere il bottone e di commette questo Seppuku, ma devo essere onesta: i tentativi erano durati solo 10 minuti di apnea dal Social Network.
Duro staccare, duro farla finita, duro lasciare un mondo e dire basta, soprattutto per una come me, con un passato da internauta accanito.
Da 11 anni lavoro nel web, durante i quali ho trascorso normalmente più di 8 ore a guardare costantemente un monitor ed ad utilizzare le mia dita in una costante percussione della tastiera. Si, proprio percussione. E questo rumore, tichitichi ritititiititi, è diventato la melodia e il ritmo che scandiva le mie giornate.
I social networks mi hanno accompagnato in tutto questo tempo, tenendomi in contatto con le persone conosciute durante il lungo esilio dall’Italia.
Connections. Legami. Fili. Contatti. Rete di amicizia. Non perdersi di vista.
Tutti queste componenti hanno avuto un’importanza fondamentale e sono state l’anello di congiunzione affettivo con chi non avevo l’occasione di incontrare.
Internet è stato da subito il mio canale di comunicazione preferito: veloce, immediato, istantaneo.
Tutta la mia realtà esterna si amalgamava in questa rete virtuale, includendo anche le mie relazioni sentimentali. Rapporti a distanza in cui, il sbirciare quotidianamente fuori dalla finestra nell’attesa che il postino consegni una missiva importante, è stato sostituito da un continuo connettersi, e alla fine anche un non staccare mai la spina, interferendo nei meccanismi propri dell’attesa. Domanda-Risposta. Clic-Clic.
Poi, da un momento all’altro, un Off.
Avevo raggiunto il limite. Le cause che mi hanno portato a questo sono molto semplici.
Per una che vive da sola, che ha la famiglia dall’altra parte del mondo, le cui amicizie, poche ma vere, sono lontane, arriva il momento in cui ci si rende conto di essere sola. Si affronta tristemente la realtà, osservando che il mondo virtuale, fatto di centinaia di persone, non può dare un aiuto concreto nel momento del bisogno. Il mondo virtuale è fatto di clic o like, non da una stretta di mano possente che non ti lascia quando ne hai bisogno.
Nella vita reale, oltre ai sorrisi, buon umore, smiling, ci sono anche dei momenti in cui si ha bisogno di qualcuno che è lì; e nessun clic, nessun like, generato da un’azione di mezzo secondo, può sostituire un tendersi la mano ed un aiutarsi.
Anche questo è stato.
Vivo a Barcelona. Vita sociale molto intensa. Lo slogan della città è “Me da igual”, il ritmo della città è “No problems, Yes party”!
Sballottata da party a party; incontri giornalieri con decine di persone interessanti che hanno la loro vita, così come io ho la mia: impegnata, piena, attiva, senza un momento per riflettere, correndo da una parte all’altra come una pallina da flipper impazzita.
Networking, new friends, smiles per la nuova foto profilo su Facebook, nuove conoscenze che vanno a sommarsi ai contatti virtuali, nuovi inviti, feste, nuove spirali di eventi e…
Burnout.
Di colpo ho avuto la presa di coscienza che avevo bisogno di una vacanza.
Ma io che ho la fortuna di lavorare da dove voglio, decidendo quali ore del giorno dedicare al lavoro, posso affermare con forza di essere “sempre in vacanza”. Quindi?
La mia vacanza doveva essere qualcosa di diverso. La mia vacanza doveva essere fuori dal web.
Fuori da quella macchina social-virtuale che mi aveva ingabbiata. Non avevo più tempo per questo, non ero più interessata a sapere cosa succedeva agli altri o a far sapere agli altri cosa facevo io.
Avevo semplicemente il bisogno di non essere disturbata, di non essere bombardata da messaggi, inviti a party, eventi, gruppi. Non avevo neanche più il tempo di rispondere: no, non posso. Volevo essere lasciata in pace e l’unica maniera era scomparire.
“You have deactivated your Facebook Account”.
Così è iniziata la mia vacanza-avventura, attraverso un viaggio che mi ha portato alla scoperta di un mondo diverso, fatto di non clic, non like. Un mondo fatto di momenti, di contatti, di pacche sulle spalle al posto di un like.
Durante questo periodo ho scoperto una cosa: pur essendo morta nel mondo virtuale, ho continuato a vivere, a respirare, a mangiare, a parlare, a comunicare, ed ho anche scoperto che potevo fare molte più cose rispetto a prima.
La mia scomparsa dal web è coincisa con il mio allontanamento da Barcellona.
Israele, Svizzera, Germania mi hanno messo in contatto con altri mondi, tematiche e problematiche, che voglio toccare con mano, senza alcun clic e senza like.
“Creator of Identity” Specialist
There is nothing easier today than opening a Facebook account, putting a name and surname, creating your profile, adding “friends” who you don’t know and starting a NEW LIFE.
There is nothing easier today, than opening a Twitter account, spamming with news that can be interested, although they are not real, and having followers.
There is nothing easier today, than buying a Website with a good ranking, inserting a stealing content and let that your “profile” is even more worthy of consideration.
There is nothing easier today for a good Creator Identity Specialist to use Photoshop and build a new face.
There is nothing easier to create new heroes or new monsters, let people trust what is not true, manipulating the information.
By reading the news I have a claustrophobic feeling as I live in a “PLASTIC WORLD”?
For who has not seen “Wag the Dog”, I suggest to see it.
We are not so far away from the story of the film and from what we are living today.
Something is sure. Osama Bin Laden has been killed, already long time ago, but the “Creator of Identity” has found a new face for telling a new story, or maybe a nightmare.
I love Japan!
Ricordo ancora la mia prima visita a Tokyo del 2008.
Avevo paragonato i Giapponesi ai Tedeschi dell’Asia perchè nonostante le enormi differenze vi avevo trovato molte cose in comune, anche se impercetibili e sottili, come la loro visione del mondo o il loro compito all’interno della società.
Sarà forse per questa visione comune che fra i Tedeschi ed i Giapponesi c’è una forte stima ed amicizia, e quest’anno viene anche rimarcata attraverso cartelloni pubblicitari e francobolli, che ricordano il legame lungo ormai da 150 anni (http://www.de.emb-japan.go.jp/dj2011/).
I Giapponesi hanno una cultura ed una tradizione talmente particolare che non sarebbe mai stata tale se non si fosse sviluppata in quel territorio. Un Giapponese è un Giapponese perchè è cresciuto in quella terra!
L’isolanità che caratterizza il Giappone, il fatto di non aver conosciuto molte influenze esterne, a parte quella un po’ invadente degli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale, ha contribuito a creare una tipologia di persone speciali ed uniche al mondo.
Ed ora, vedere questo popolo che pur nella tragedia non perde il controllo, dimostra dignità, ordine e forza, lascia quasi di stucco. La coda di persone che ordinatamente aspetta il proprio turno per fare la spesa o per avere il proprio piatto caldo, è antitetica alla situazione di disordine e caos in cui ci si ritrova in questo momento. In qualsiasi altro posto al mondo ci sarebbe stato un atteggiamento diverso.
Ho vissuto il dramma giapponese attraverso le immagini della televisione tedesca che costantemente trasmettevano le notizie sull’allarme atomico nella centrale di Fukushima. Il fatto che l’acqua, il terreno, il cibo sia già contaminato per un raggio di 20 km è una tragedia. Pensare che tantissime persone corrano il rischio della contaminazione e siano costrette a lasciare il proprio territorio, è tremendo.
Pensando al peggio, all’eventualità di non poter visitare questo paese a causa del pericolo radioattivo, mi ha lasciato un senso di vuoto.
Proprio mentre si compiva la tragedia Giapponese, avevo guardato il Manga “Summer Wars”. Nel Manga è presente il ruolo della famiglia, il forte senso civico, il senso di responsabilità e dovere della civiltà Giapponese. E’ un manga molto bello. Qui è possibile vedere la prima parte: http://www.watchanimeon.com/summer-wars-movie/. Attraverso questo Manga si può percepire l’essenza del popolo giapponese.
In un mondo in cui l’oriente è normalmente sinonimo di “paese in via di sviluppo”, guardando con ammirazione a questa nazione così evoluta, mi viene da pensare che forse la nostra “superiorità occidentale” dovrebbe invece fare un inchino alla civiltà giapponese; e l’idea, che mi ha accompagnato da quanto ho messo piede in Giappone per la prima volta fino ad oggi, è più ferma che mai: abbiamo veramente tanto da imparare da questo popolo!
Ivana’s Projects
>Dall’altro lato del mondo
>Lasciarmi Monaco alle spalle è stato strano.
L’ultimo giorno al lavoro, l’ultima sera a camminare per le strade di questa città per me piena di ricordi, mi hanno reso molto malinconica.
In una settimana ho dovuto preparare tutto di corsa e decidere della mia vita per i prossimi 6 mesi, senza realizzare effettivamente cosa stesse succedendo. Ed ora sono qui, in Cina, a Pechino.
Dopo un viaggio durato più di 12 ore, il primo approccio con questo mondo non è stato così traumatico.
E mentre viaggiavo in taxi dall’aeroporto all’hotel, osservando i primi edifici della periferia, ho avuto quasi l’impressione di essere a Cagliari, nel quartiere popolare di is Mirrionis. Solo le insegne in Cinese facevano la differenza ed i nuovi gratacieli in vetro.
Ma quando sono giunta in hotel, sono stata d’improvviso catapultata nella Cina dell’impero Qing. Ho scelto di stare in una piccola pensione con sole 17 camere che si affacciano in questo splendido cortile. In principio questa sistemazione era la casa di un importante ministro, era stata danneggiata durante la rivoluzione culturale, ma ora è stata restaurata e mantiene tutte le caratteristiche del passato. Quando sono entrata nella mia camera ho avuto l’impressione di essere a casa: un ambiente accogliente, piacevole e confortevole.
Il mio viaggio è appena cominciato, ho tanto da vedere, so che non resterò delusa.
>In Cina per 6 mesi
>In quest’ultimo arco di tempo sono successe tante cose.
Venerdì ho avuto la conferma di essere stata accettata alla Camera di Commercio Svizzera Cinese a Pechino, e a distanza di una settimana dal mio programmato viaggio in treno di 3 settimane in Cina, mi ritrovo a dover sbrigare tutte le pratiche per un soggiorno di 6 mesi.
Parto sabato e non ho ancora un posto dove stare, ma senza alcuna angoscia o preoccupazione, mi sono lasciata trasportare dagli eventi. Non so ancora in quale direzione devo andare.
Da un po’ di tempo a questa parte mi sentivo dentro una giostra, inglobata in quel continuo tran tran della vita quotidiana: sveglia, lavoro, casa, amici, conoscenze, solite cose, ed il giro che ricominciava allo stesso modo il giorno dopo.
Il problema è che questo “giro” non mi interessa più e ho deciso di cambiare.
Ho la necessità di staccarmi dai punti di riferimento che ho anche qui a Monaco, e di ritrovarmi da sola in un altro ambiente. Ho nuovamente bisogno di mettermi in gioco.
Questo mi costa tanto, lo so, anche perché qui mi trovo molto bene, e qualcuno potrebbe pensare che sia da stupidi lasciare il vecchio per il nuovo…
Ma io sono così. Ho sempre fatto così…
Quando stavo bene in un posto, d’improvviso sono andata via.
Sono stata quasi sempre fortunata, perché anche cambiando ho fatto delle esperienze positive, e ho incontrato nuove persone che mi hanno dato tanto.
Adesso sento che è nuovamente il caso di cambiare. Vedo nuovi orizzonti di fronte a me. E solo il fatto di vedere questi orizzonti, di avere un nuovo obbiettivo, mi fa sentire meglio.
Inizia per me un nuovo percorso.
E anche se l’ignoto fa paura, colgo con ingenuità questa nuova sfida.
>Fine settimana a Londra e workshop da Google
>Ed eccomi nuovamente a casa dopo il mio fine settimana a Londra.
Sono stata nel “Quartier Generale” del Motore di Ricerca più utilizzato al mondo: un edificio in vetro di fronte a Victoria Station.
Entrando, ciò che mi ha stupito immediatamente è stata la Security: ogni visitatore, dopo aver segnalato chi c’era ad attenderlo, riceveva un badge con la propria foto – fatta istantaneamente attraverso una piccola videocamera- e solo attraverso questa poteva accedere negli uffici. Anche i dipendenti erano tenuti ad esibire il proprio “distintivo” al personale della sicurezza.
Per un momento ho avuto l’impressione di stare di fronte alla Security del Parlamento Europeo o del Consiglio d’Europa, ma lì si doveva passare anche attraverso gli scanner!
Entrando negli uffici, una cosa che non può passare inosservata è l’arredamento, che ricalca i colori tipici del logo. Anche i cestini per la differenziazione dei rifiuti sono a tema: blu, rosso, giallo, verde.
Il workshop cui ho partecipato era concentrato principalmente sul SEM, ma c’è stata l’occasione per parlare un po’ più approfonditamente del Natural Search Engine e di come alcune nuove funzionalità di Google possono aiutare un sito ad attrarre un maggior numero di visitatori.
Durante una pausa sono andata in bagno. Lì, oltre all’ordine e alla pulizia, appena uno chiude la porta si trova di fronte a sè un elenco, con “I vari motivi” per cui è piacevole ed attrattivo lavorare per Google. Non ho avuto il tempo di leggerli tutti, ma fra le tante cose posso elencare: assicurazioni varie, bonus per vacanze, iscrizione ai club sportivi, e così discorrendo.
Niente male ho pensato. È anche da queste piccole cose che si vede veramente se un’azienda investe o no sulle risorse umane.
Dopo il workshop sono restata per altri 2 giorni a Londra da James ed Eva. Era da quasi un anno che non li andavo a trovare. Mi ha fatto veramente piacere trascorrere un po’ di tempo con loro e parlare del più e del meno.