Ed eccomi qui, in un piccolo locale di Pechino, che ho quasi battezzato “consueto rifugio dei fine settimana”.
Questo posto non ha niente di particolare, solo una cosa me lo rende così speciale: il suo sottofondo musicale sulle note del Bandari – Forest Mist.
E sono qui a pensare e a raccogliermi in me stessa per cercare un dialogo con il mio IO, in modo da capire cosa voglio realmente, con lo scopo di definire i miei progetti per il futuro.
Aprile è una scadenza che si avvicina, e dopo tale data non so bene in quale direzione andare. Cercare un nuovo lavoro? Dove? Restare ancora in Cina? Forse.
Ho varie possibilità, ognuna diversa dalle altre, ed ora sto solo cercando di farmi un po’ di chiarezza ridefinendo un nuovo obiettivo, tenendo conto delle mie priorità, e ponendo sul piatto della bilancia i pro e i contro delle mie scelte.
Uno dei miei motti è sempre stato “Io voglio, io posso”.
Ho sempre fatto ciò che mi è passato per la testa, agendo d’istinto, sempre con questa mia continua lotta nel cercare di dimostrare a me stessa che ce la potevo fare. La Cina e lo studio del cinese era uno dei miei traguardi. Ed ora?
Ed ora mi ritrovo nuovamente ad un bivio, a fare delle scelte.
Una cosa che mi destabilizza è il dover scegliere, perché so bene che una decisione esclude l’altra, e che ogni scelta cambia irrimediabilmente il percorso della nostra vita.
Forse l’unica domanda che posso farmi adesso è questa: ma realmente, IO, che voglio?
Ho girato, rigirato, ho cercato, ricercato, ma alla fine non ho ancora capito cosa voglio.
Conosco tante persone che pur non andando così lontane, sembra che abbiano già capito cosa basta loro. Ma io non sono così…
Se sto in un posto più di un certo tempo sono pervasa da una sensazione di claustrofobia, ed a volte, pur stando bene in un posto, per paura di farmi inglobare dalla solita monotonia, preferisco andare via alla ricerca di nuove mete, scappando da tutto quello che avevo costruito, allontanandomi dalle mie abitudini, dalle cose e da tutti, ed iniziando una nuova vita da un’altra parte. Perché faccio questo?
Ho letto ieri una pagina di “Paulo Coelho” in cui racconta come, invitato a Guncan-Gima, fu sorprendentemente abbagliato dalla bellezza di un tempio Zen Buddista situato nel mezzo di una vasta foresta. Affianco a questo imponente edificio c’era un immenso terreno vuoto, che sarebbe servito per costruire il nuovo tempio. Ogni 20 anni il tempio viene infatti distrutto e ricostruito affianco al vecchio, in modo che i monaci architetti e muratori non perdano le loro conoscenze e possano tramandarle agli altri, ma anche a dimostrazione del fatto che niente nella vita è eterno ed che anche il tempio necessita di miglioramenti.
E forse anche io inconsciamente, quando mi rendo conto che le mie energie si stanno esaurendo, lascio ciò che ho realizzato e ricomincio da un’altra parte per non disabituarmi a ricercare nuova acqua fresca per la mia anima, e per non dimenticare a me stessa che quel che ho costruito non è eterno, e che tutto è utile, ma nulla è necessario.